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Il laparocele: di cosa si tratta e come risolvere il problema

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La comparsa di un’ ernia della parete addominale in corrispondenza di una ferita chirurgica è definita laparocele (figura 1)

Si tratta di una patologia relativamente frequente che interessa circa il 15 % di tutte le  incisioni addominali e riguarda in particolare pazienti anziani, obesi, malnutriti, dializzati, in terapia con corticosteroidi, con incisioni chirurgiche estese ed in particolare dopo una infezione della ferita.

 

fig. 2 fig. 2

La diagnosi viene posta mediante anamnesi ed esame obiettivo: si evidenzia in genere una tumefazione di dimensioni variabili in corrispondenza della cicatrice riducibile contenente omento o visceri endoaddominali. (figura 2)
In alcuni casi il sintomo d’ esordio può essere il dolore anche quando la tumefazione non è del tutto evidente, in caso selezionati quindi le tecniche di diagnostica per immagine che studiano la parete addominale (ecografia tac e risonanza magnetica) possono essere indicate.

Il laparocele può sviluppare tutte le complicanze tipiche delle ernie primitive, ed in particolare l’ incarceramento e lo strozzamento erniario che costituiscono indicazione ad intervento chirurgico urgente.
La terapia del laparocele è unicamente chirurgica, tuttavia non tutti i pazienti possono essere sottoposti ad intervento: una valutazione chirurgica ed anestesiologica permette di identificare i pazienti a rischio operatorio elevato (anziani, patologie concomitanti severe in particolare cardiorespiratorie) nei quali è preferibile astenersi dall’ atto chirurgico.

fig. 3 fig. 3

Posta  quindi indicazione all’ intervento, la procedura prevede in genere il posizionamento di una protesi di materale dedicato (figura 3) e dimensioni variabili al fine di ‘rinforzare’ la parete addominale nel punto debole e ricostituirne l’ integrita’.

 

fig. 4 fig. 4

Fino ad alcuni anni fa l’ intervento veniva eseguito per via laparotomica classica con risultati soddisfacenti (figura 4), negli ultimi anni tuttavia è stata proposta e viene abitualmente utilizzata una nuova tecnica che prevede il posizionamento della rete introdotta nella cavità peritoneale per via laparoscopica, evitando di incidere nuovamente in corrispondenza della ferita chirurgica (figura 5) .

fig. 5 fig. 5

Non tutti i casi possono essere trattati in questo modo (estese sindromi aderenziali, plurirecidive complesse, laparoceli voluminosi, pazienti nei quali è controindicato mantenere il pneumoperitoneo) e a volte è necessario durante l’ intervento ‘convertire’ e portare a termine la procedura per via tradizionale.

Nei casi idonei tuttavia, la ripresa postoperatoria appare più rapida e meno dolorosa, le complicanze locali (sierosi, ematomi) sono decisamente meno frequenti e l’ eventuale comparsa di recidive sostanzialmente sovrapponibile.
In entrambi casi è necessaria l’ anestesia generale ed esiste il rischio di ricomparsa del laparocele reso tuttavia molto più basso da quando si utilizzano le protesi.

In conclusione, la presenza di una tumefazione o dolore in corrispondenza di una ferita chirurgica  richiedono una valutazione specialistica chirurgica per porre l’ eventuale diagnosi di laparocele e porre l’ indicazione terapeutica più adatta al singolo paziente.

Articolo pubblicato su http://www.medicitalia.it